Descrizione
L’autrice, studiando il caso Tajani, affronta il tema del rapporto tra politica e magistratura nell’Italia liberale. Il conflitto tra i due poteri raggiunge il punto più alto a Palermo con la nomina di Tajani a procuratore della Corte di appello, il quale denuncia le collusioni della polizia con la criminalità e rinvia a giudizio il questore Albanese, stretto collaboratore del prefetto Medici. Nell’analisi di questi avvenimenti, che occupano la scena nazionale, sono utilizzati nuovi documenti di archivio sulla condotta di Tajani e sulla correttezza delle sue indagini. Di particolare interesse sono il parere del procuratore Pietro Castiglia, che ricevette dal Guardasigilli l’incarico di riferire sul processo contro il questore Albanese, e la relazione del procuratore Calenda, che fu incaricato dal Parlamento a svolgere un’inchiesta sulle denunce formulate da Tajani durante il famoso dibattito parlamentare sui provvedimenti eccezionali di PS del 1875.
Le vicende descritte nel volume confermano la presenza di una magistratura forte e saldamente inserita nella classe dirigente del Paese. Di fronte alle difficili condizioni dell’ordine pubblico in Sicilia, i magistrati, questa è l’ipotesi principale del volume, dimostrarono, pur tra incertezze e pressioni dell’esecutivo, di voler garantire i diritti dei cittadini e di frenare, o quanto meno legalizzare, le scelte repressive delle autorità politiche. La ricerca, inoltre, arriva in un momento in cui sono apparse le prime sintesi, mature e unitarie, sulla storia della magistratura e assume un rilevante interesse per il tema, sempre attuale, del rapporto tra politica e magistratura.